Il Governo Monti e la spending review
Nel 2011 il Governo Monti, sostenuto dai principali partiti e chiamato a risolvere un’emergenza economica e sociale senza precedenti nella storia italiana, annunciò un percorso di accorpamento delle province italiane, con l’obiettivo di contribuire al taglio della spesa pubblica e dare un segnale tangibile a un’opinione pubblica ferocemente “anti-casta”.
Con due provvedimenti (la manovra Salva Italia e il decreto spending review) viene stabilito il commissariamento dei consigli provinciali in scadenza fino a fine 2013, l’elezione di secondo livello del consiglio provinciale e la riduzione del numero delle province: il 31 ottobre i Ministri Cancellieri e Patroni Griffi presentano una mappa che porta il numero di province delle Regioni a statuto ordinario da 86 a 51. Questa riforma venne però bloccata dalla caduta del Governo Monti, nel dicembre 2012.
L’esigenza di procedere a un superamento o a un’abolizione tout court delle province è però talmente presente nell’opinione pubblica italiana, a torto o a ragione, che quasi tutti i partiti presentatisi alle elezioni politiche del 2013 pongono l’abolizione o il superamento delle Province all’interno dei propri programmi elettorali: non solo il Partito democratico, ma anche il Popolo delle Libertà, la Lega Nord, il Movimento Cinque Stelle, Scelta Civica… La principale opposizione, in campagna elettorale, al superamento delle Province viene dall’UPI (Unione delle Province Italiane), che arriva a finanziare degli spot radiofonici nei quali gli elettori vengono invitati a votare per chi ha nel programma un loro “rilancio”.
Le elezioni politiche risultano in uno stallo politico-istituzionale che avrà fine con il “siluramento” di Prodi e Marini e la ri-elezione di Napolitano a presidente della Repubblica. La settimana successiva, il presidente del Consiglio del Consiglio incaricato Enrico Letta ottiene la fiducia da Camera e Senato.
L’insediamento del Governo Letta
Il 29 aprile 2013, nel suo discorso alla Camera dei Deputati, il nuovo presidente del Consiglio Letta dice testualmente:
“Bisogna riordinare i livelli amministrativi e abolire definitivamente le province. Semplificazione e sussidiarietà debbono guidarci al fine di promuovere l’efficienza di tutti i livelli amministrativi e di ridurre i costi di funzionamento dello Stato. Questo non significa perseguire una politica di tagli indifferenziati, ma, al contrario, valorizzare comuni e regioni per rafforzare le loro responsabilità, in un’ottica di alleanza tra il Governo, i territori e le autonomie ordinarie e speciali.”
Questa posizione è ribadita anche il giorno dopo in Senato: non ci sono più scuse, diventa chiaro che il Governo intende muoversi con celerità sul tema del superamento delle Province, giocando anche su questo provvedimento la propria credibilità.
D’improvviso tutta l’Aula si è accorta, quasi di colpo, che il superamento delle province non era più un semplice slogan elettorale, ma un progetto concreto. la nomina di Graziano Delrio, presidente di ANCI ed ex sindaco di Reggio Emilia a Ministro per gli Affari regionali ha dato evidenza a come il presidente Letta avesse preso la decisione di mettere in pratica ciò che da anni tutti i Governi rimandavano.
Memore di quando, nella bozza presentata dal Governo Monti, la nostra Provincia rischiò di essere accorpata ad altre (forse con Lecco, forse con Bergamo… alcuni esponenti della Lega Nord premevano per un suo accorpamento con Varese, Como e Lecco!), per poi ottenere in extremis un’apposita deroga, alla fine della seduta mi precipito ai banchi del Governo, riuscendo a parlare col nuovo premier e col Ministro agli Affari Regionali, Graziano Delrio.
In breve cerco di capire la determinazione del Governo sul punto e avvisare che per la Provincia di Sondrio un provvedimento del genere può essere molto deleterio. In quell’occasione è proprio Graziano Delrio, con cui mi lega una profonda stima risente ai tempi dell’ANCI, ad ascoltarmi con grande attenzione e confidarmi che preoccupazioni analoghe alle mie gli erano state espresse, il giorno precedente, anche da due deputati.
L’asse Sondrio-Verbania-Belluno
Il mio passo immediatamente successivo è stato quello di incontrare i due colleghi, entrambi del Partito democratico: Roger De Menech, bellunese, e Enrico Borghi, di Verbania-Cusio-Ossola. Anche loro, come me, avevano ben in mente che una riforma delle province – che impatta poco sulle grand realtà di pianura – poteva diventare un grosso problema per i territori montani.
Con loro abbiamo condiviso una strategia che, ai più, poteva sembrare folle: ritagliare, all’interno di un progetto che si proponeva di superare e “de-potenziare” le province su tutto il territorio italiano, delle previsioni speciali per le tre province interamente montane, con l’obiettivo di differenziarle definitivamente da tutte le altre, garantire il mantenimento del ruolo centrale per le comunità e porre le basi per un percorso verso una maggiore autonomia. Sia ben chiaro: fino al nostro intervento, il tema della specificità montana non esisteva. La nostra ostinazione e il nostro lavoro di squadra lo ha imposto all’attenzione di tutti: a Roma, nell’ambito della riforma delle province, e a Milano, dove una proposta di emendamento allo Statuto della regione Lombardia formulata dal gruppo consigliare PD ha incontrato un vasto apprezzamento.
Nel nostro specifico, in un intervento ho specificato quali fossero a mio avviso i principali ostacoli a un percorso serio sulla riforma delle Province: anni di assenza di un buongoverno locale e la gestione centralistica da parte della Regione Lombardia erano gravi handicap che affliggevano la nostra corsa: a Belluno la Regione Veneto già da anni aveva riconosciuto, nel proprio Statuto, un ruolo particolare, mentre la Provincia di Sondrio non aveva avuto nessun tipo di attenzione speciale.
Da subito ci siamo resi conto delle difficoltà di questo percorso. I nostri territori han sempre contato molto poco in ambito nazionale e non sono mai riusciti a fare “lobby”; eppure è chiaro a tutti coloro che vivono nelle nostre valli che il territorio della provincia di Sondrio non è una mera realtà amministrativa fittizia, ma necessita di una sua forma locale di governo e pianificazione, in grado di pensare che sviluppo dare alle proprie aziende, di orientare le vocazioni produttive più adatte a vincere le sfide competitive, determinare un equilibrato uso delle risorse naturali, di rispettare e accogliere i propri abitanti e i visitatori.
In un intervento del 5 luglio ho spiegato l’inutilità delle posizioni di chi puntava a difendere l’impossibile, ovvero lo status quo:
“Non possiamo più permetterci di perder tempo per difendere l’indifendibile o di inseguire posizioni demagogiche per mero calcolo elettorale! Chi oggi a parole difende la provincia, rimanendo inoperoso, ne sancisce il de profundis.”
Il 15 luglio, in un’intervista al quotidiano “La Provincia”, ho cercato di esprimere al meglio questo concetto:
Quello che noi possiamo fare è portare le nostre specificità dentro le riforme. Altrimenti continueremo a subirle. Io mi sono messo all’ascolto del territorio per cercare, come parlamentare, di portare sul tavolo di Roma queste specificità.
Qualche giorno più tardi, a seguito di un apposito incontro a Roma, ho scritto una lettera personale a Delrio, in cui ribadivo la necessità di prevedere disposizioni particolari per territori come quello della Provincia di Sondrio, evidenziando al contempo le principali preoccupazioni di amministratori e cittadini:
“Tutti, sindaci compresi, avvertono la fragilità dei comuni della provincia e temono una incapacità da parte dei sindaci di svolgere il doppio ruolo. Temono in particolare di divenire in tal modo irrilevanti nelle “trattative” con il forte centralismo milanese. Questi timori sono comprensibili e non privi di fondamento. (…) Sondrio confina con Bolzano e si ritiene fortemente danneggiata da quello status, essendo anch’essa interamente montana. Tutti si domandano se la riforma cambierà quei “privilegi” e si chiedono se non usciremo ancora più deboli nel confronto con questi territori.”
L’iter parlamentare (vedi scheda senato)
Qualche giorno prima, il 5 luglio, la Corte costituzionale aveva bocciato il decreto Salva Italia per la parte riguardante le misure sulle Province. Letta annuncia dunque due progetti di legge: uno di natura costituzionale, volto a eliminare il termine “province” dalla carta costituzionale e uno ordinario (il ddl cosiddetto “Delrio”) per il superamento dell’ente provincia. Delrio annuncia chiaramente:
Non disegneremo la mappa da Roma, lasceremo alle Regioni la libertà di decidere.Tuttavia si partirà dalla cartina esistente: almeno nella fase iniziale i collegi delle autonomie coincideranno con il territorio delle attuali province. I loro compiti saranno limitati: pianificazione dell’ambiente, del territorio, del trasporto locale, più la gestione delle strade di competenza. Tutto il resto, dalla scuola alla cultura, passerà ai Comuni o alle Regioni. A meno che Comuni o Regioni non decidano di trasferire ai collegi alcune funzioni. Saranno liberi di farlo.
Diventa chiaro a tutti che la maggioranza a sostegno del Governo intende proseguire su questa strada: per questo motivo, su sollecitazione anche del Consiglio provinciale e dei soggetti attivi del territorio, invito Graziando Delrio a Sondrio. Purtroppo nella sua visita a Sondrio e Chiavenna, il 7 ottobre, alcuni amministratori non si fanno trovare pronti: anziché capire il momento storico e l’opportunità offerta, si barricano dietro una difesa ad oltranza dell’esistente sistema di potere… Province, Comunità montane, BIM, Comuni, consorzi, enti parco e chi più ne ha più ne metta: in sostanza, chiedono che non si cambi nulla. Di contro, altri amministratori locali con coraggio affrontano il tema nel merito, discutendo delle novità positive e delle possibili problematiche della riforma.
Il Presidente della Provincia ha invece chiesto di inserire un emendamento per rendere Sondrio e Belluno identiche a Trento e Bolzano.
In quella sede, lo stesso Ministro Delrio ha affermato:
“Avete ragione sul fatto che Sondrio, così come Belluno, ha una sua specificità. Capisco l’unicità delle due province ma in questo modo diventereste una Provincia Autonoma come Trento e Bolzano. Bisogna trovare il modo per riuscire a riconoscere la specificità di Sondrio e Belluno, due province montane”.
In molti, a margine dell’incontro, si sono chiesti: “Ma questa strada è percorribile?”. Beh, il seguito ci ha dimostrato che le parole del Ministro non erano affatto peregrine.
Purtroppo però, a livello locale, lo scopo della visita di Delrio in Provincia (dimostrare la forza del nostra territorio, il bisogno di più autonomia, la volontà di dimostrare che siamo diversi dagli altri) non viene raggiunto, e la linea istituzionale ufficiale resta quella di una sterile barricata a difesa non solo della nostra Provincia, ma anche di tutte le altre. Anzi, qualche mese più tardi, lo stesso presidente Sertori si disse certo che il ddl sarebbe stato bocciato. Anche qui, fortunatamente, le cose andarono in maniera diversa!
Nel frattempo i lavori parlamentari vanno avanti: il 25 ottobre Delrio mi conferma che il Governo sarà a fianco dei territori montani: il il 27 novembre la Commissione Affari costituzionali della Camera approva un emendamento che riconosce la “specificità montana” di Sondrio, Belluno e Verbania, confermata poi dall’Aula della Camera il 23 dicembre.
A febbraio, in un intervento sulle testate locali, ho espressi una volta in più la mia posizione in merito alla riforma, criticando la una polemica locale mirata unicamente a mistificare la realtà e a confondere per motivi elettorali i cittadini. Qualcosa di assolutamente sbagliato e pericoloso: soprattutto su un argomento importante quale quello della specificità montana non si deve prendere in giro i valtellinesi e valchiavennaschi. Nello specifico, ribadivo con forza che:
“La battaglia politica nazionale sul tema province si/province no si è chiusa da mesi e oggi rimangono pochi spazi per i dettagli, che si è praticamente esaurito nei giorni scorsi in commissione. (…) Si sarebbe dovuta cogliere a suo tempo la disponibilità del ministro Delrio, offerta per mio tramite, a discutere seriamente del tema a Roma. Era quello il tempo del dialogo e della mediazione per ottenere davvero il massimo per il nostro territorio, ma purtroppo nessuno si è fatto vivo.
Così agli atti di palazzo Chigi e del ministero degli Affari Regionali sono presenti solamente le mie visite e le mie richieste di autonomia per la provincia di Sondrio, almeno nei tempi utili per essere ascoltate e accolte. E fortunatamente un Ministro attento e sensibile le ha egualmente recepite.
A seguito anche delle continue sollecitazioni, in quei giorni il Presidente della Provincia Massimo Sertori si decide finalmente a recarsi a Roma, abbandonando il “ridotto valtellinese” in cui si era chiuso negli ultimi mesi. Inutile però ricordare che le battaglie politiche o si fanno fin dal principio oppure si perdono. Qualche giorno più tardi cade il Governo Letta. Alcuni degli oppositori alle riforme si dicono certi che ora tutto si arenerà e che non verrà più toccato nulla: nulla di più sbagliato.
A fine febbraio infatti Matteo Renzi diventa presidente del Consiglio. Nel suo discorso di insediamento tocca il tema delle Province e mette subito in chiaro che la riforma Delrio resta una priorità anche del suo governo:
“Noi abbiamo un tema aperto (…) che è quello del superamento delle Province. Il disegno di legge Delrio è oggi nelle condizioni di poter impedire che il 25 maggio si voti per le Province. C’è un’opposizione dura anche in quest’Aula, immagino; c’è stata alla Camera, dove si è saldata un’opposizione, per certi aspetti persino una forma di ostruzionismo, tra Forza Italia e il Movimento 5 Stelle. Noi invitiamo a riflettere su una possibile soluzione semplice, evidente, alla portata di tutti noi. Nel rispetto delle diverse posizioni chiudiamo il disegno di legge Delrio e impediamo di votare il 25 maggio per le Province, ma nella discussione sul Titolo V riapriamo fra di noi la discussione su cosa debbono essere le Province. Mi pare un punto equilibrato, perché dimostra che noi sul tema delle Province non possiamo perdere il passaggio che è aperto davanti a noi. Volete davvero rivotare il 25 maggio per 46 istituzioni provinciali? Chi si assume la responsabilità di dire che questo non è un costo e, soprattutto, non è una perdita di opportunità? Vogliamo tornare all’ennesimo TAR che interviene giudicando illegittima l’una o l’altra misura? Esiste lo spazio per chiudere questo passaggio in modo rapido.
Finalmente la legge! La specificità montana
Il disegno di legge chiamato “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni” approda al Senato, che il 26 marzo 2014 approva il testo con alcune modifiche: una settimana più tardi la Camera conferma il testo, che diventa ufficialmente la legge 7 aprile 2014, n. 56, cosiddetta “Legge Delrio”. Il preambolo chiarisce che le province non sono abolite (serve una riforma della Costituzione, che è attualmente all’esame del Parlamento), ma una riforma-ponte: le funzioni svolte dalle Province vengono ridotte e la loro gestione affidata agli amministratori comunali, quelli più a contatto con i cittadini. Il testo approvato muove da un proposito chiarissimo: semplificare i livelli istituzionali esistenti, mettendo i sindaci al centro del processo di trasformazione della “area vasta”, un’agenzia amministrata e al servizio dei Comuni e dei loro cittadini. Non posso che essere pienamente soddisfatto per quanto ottenuto: il nostro territorio ha fatto bottino pieno!
La novità più importante, per il nostro territorio, è di certo contenuto al comma 3:
“Alle province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri sono riconosciute le specificità di cui ai commi da 51 a 57 e da 85 a 97.”
Forse non è immediato, ma per la prima volta una legge statale riconosce e stabilisce che le province di Sondrio, Belluno e Verbano-Cusio-Ossola sono differenti da tutte le altre, e necessitano di previsioni particolari: è il riconoscimento della “specificità montana” di questi territori, qualcosa che da solo varrebbe il lavoro di una legislatura intera!
Questo è un passaggio centrale per capire gli sviluppi di questi ultimi mesi: in una legge che mirava a “svuotare” le province, grazie al lavoro del Partito democratico, tre province sono state non solo “riconosciute” diverse, ma si sono viste garantite dallo stato delle funzioni particolari che prima non possedevano.
Gli altri commi che più interessano noi valtellinesi e valchiavennaschi sono i seguenti:
Comma 52
Questo comma è in assoluto il più importante: stabilisce infatti che le Regioni sono obbligate a concedere alle tre province interamente montane delle particolari forma di autonomia sulle materie di cui al comma 117 della Costituzione, commi terzo e quarto, ovvero le cosiddette “materie concorrenti” e le materie ad esclusiva potestà regionale (tutte quelle non espressamente previste di competenza statale). Nelle materie concorrenti spetta allo Stato indicare i principi generali e disporre la legislazione-quadro in merito, ma le Regioni hanno potestà legislativa. Nel dettaglio, tra le varie materie concorrenti è necessario sottolineare le seguenti: rapporti internazionali, commercio con l’estero, tutela e sicurezza del lavoro, istruzione e ricerca, salute, sport, protezione civile e governo del territorio, valorizzazione di beni culturali e ambientali.
Regione Lombardia, in applicazione di quanto previsto dalla legge Delrio, ha approvato a fine giugno la legge di riordino delle competenze degli enti locali, prevedendo specifiche disposizioni per la Provincia di Sondrio.
Comma 57
La Legge Delrio prevede espressamente che gli Statuti delle province interamente montane, in accordo con la Regione, possono prevedere la costituzione di “zone omogenee per l’esercizio di specifiche funzioni, con organismi di coordinamento collegati agli organi provinciali”.
In soldoni, alla provincia di Sondrio è permesso mantenere o organizzare nuovi enti, di secondo livello, che servano a svolgere delle funzioni particolari che non possono essere svolte né a livello provinciale né a livello comunale: in esempio, si può ipotizzare che quando le comunità montane verranno meno, la Provincia di Sondrio sia autorizzata a mantenerle, qualora decida di farsi carico dei costi.
Comma 86
La legge Delrio stabilisce inoltre che alle province interamente montane siano attribuite delle funzioni specifiche direttamente dallo Stato: la cura dello sviluppo strategico del territorio e la gestione di servizi in forma associata e la cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciali ed enti territoriali stranieri montani di altri stati confinanti, con la possibilità di stipulare in autonomi accordi e convenzioni (cosiddetto “potere estero“).
In aggiunta a questi le tre province godono ovviamente delle altre funzioni riconosciute agli enti di area vasta: la pianificazione territoriale di coordinamento e la tutela e valorizzazione dell’ambiente, la pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale e gestione delle strade provinciali, programmazione della rete scolastica e gestione dell’edilizia scialitica, raccolta ed elaborazione dati in assistenza agli enti locali, promozione della pari opportunità e lotta alle discriminazioni.
Piccoli passi di un lungo percorso
Il 4 luglio, in un partecipatissimo convegno a Sondrio, per la prima volta abbiamo provato a spiegare questa grande rivoluzioni ad amministatori comunali e cittadini. Ne abbiamo parlato insieme a Gianclaudio Bressa, sottosegretario del Ministero per gli Affari regionali e le autonomie, e diversi altri importanti stakeholder del territorio, di fronte a una platea di sindaci e amministratori locali.
Qualche mese più tardi abbiamo replicato a Vogogna, in provincia di Verbania: nel convegno “Autonomia alpina: le tre sorelle della specificità” sono stati toccati tanti temi.
Su tutti, quello più importante è stato rappresentato dalla necessità di lavorare insieme costantemente, proposta dai presidenti delle tre province. A margine del convegno ho rilasciato un’intervista a TeleOssola:
L’ennesima conferma della necessità di unire le forze per contare di più, così come era stato fatto con successo in occasione dell’iter di approvazione della legge Delrio.
Negli ultimi mesi, proprio grazie a un continuo lavoro di sponda e a un costante presidio dei processi legislativi, abbiamo contenuto a riempire di contenuti la “specificità montana”. Tra i tanti:
La riforma costituzionale
Il primo, enorme risultato arriva la stessa estate, quando la il Senato approva in prima lettura la riforma costituzionale. Dopo una maratona lunghissima e diversi tentativi, da parte delle opposizioni, di fare saltare tutto, finalmente l’8 agosto il Senato ha approvato in prima lettura la riforma costituzionale, che all’articolo 40 recita:
«Per gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle zone montane, fatti salvi i provvedimenti ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale»
Alcuni hanno detto che è troppo poco, altri hanno preferito evitare di fare squadra e ostacolare questo successo in tutti i modi, anche mettendo sul tavolo richieste strumentali e chiaramente non ottenibili. Ma alla fine è passata la mia linea, che è stata fatta propria dalla relatrice e collega PD Anna Finocchiaro.
Questo articolo, oltre alla cristallizzazione della legge Delrio, prevede espressamente che ogni legge che andrà eventualmente, in un futuro, a regolare diversamente gli enti di area vasta dovrà necessariamente tenere conto delle aree montane, quali sono le nostre.
In politica bisogna essere realisti e accettare di proseguire per piccoli passi, consolidando giorno per giorno i risultati: e la conferma della validità della legge Delrio (che sarà ulteriormente confermata dalla sentenza 50/2015 della Corte costituzionale, che rigetta i ricordi contro la Delrio).
Inutile dire che chi si è sempre battuto contro l’autonomia vera della nostra valle ha avuto da ridire anche su questo risultato. Invece in tanti hanno capito la portata storica di questa conquista: come ho avuto modo di affermare, l’emendamento inserisce nella nostra Costituzione il riconoscimento delle aree vaste e montane: questo consoliderà le particolari forme di autonomia precedentemente ottenute con il ddl Delrio. Chi temeva che quanto ottenuto potesse essere cancellato con la riforma del Titolo V ora può esultare: la Costituzione blinda la nostra autonomia».
La riforma della PA
All’interno della legge delega sulla Pubblica Amministrazione, tra le misure previste quella che più è stata commentata a livello locale riguardava l’accorpamento delle Camere di Commercio, in particolare di quelle piccole quali la nostra.
In molti mi hanno richiesto uno specifico intervento per consentire al nostro territorio di non perdere questo importante presidio. Grazie alle importanti indicazioni dei soggetti coinvolti e un’opera di lungo convincimento di colleghi e Governo, alla fine è stato approvato questo emendamento:
Articolo 8: «Al comma 1, lettera b), dopo le parole: «unioni regionali o interregionali;» inserire le seguenti: «previsione, fermo restando il suddetto limite massimo di circoscrizioni territoriali, dei presupposti per l’eventuale mantenimento delle Camere di Commercio nelle province montane di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56, e, anche in deroga alle soglie dimensionali minime, nei territori montani delle Regioni insulari privi di adeguate infrastrutture e collegamenti pubblici stradali e ferroviari;».
Insomma: a differenza di tutti gli altri territori italiani, alle Province interamente montane è consentito mantenere le proprie Camere di commercio. Una vittoria importante per una battaglia che il territorio mi ha chiesto.
Ho avuto modo di esprimere la mia soddisfazione per questa ulteriore conferma dell’attenzione del Governo alle nostre Province, mettendo i territori nelle migliori condizioni per trattare con gli organi confederali, le altre Camere di Commercio e il Governo.
In quest’occasione, mi ha fatto molto piacere ricevere un ringraziamento pubblico da parte del Presidente Bertolini, col quale mi sono confrontato molto. Ora la partita è tutta nelle nostre mani: lo spiraglio c’è, le carte sono in tavola, serve decidere come giocarle.
Legge di stabilità e personale delle Province
Nella legge di stabilità 2015 vengono inserite le norme attuative della legge Delrio: riducendo le funzioni assegnate alle Province, è necessario anche prevedere una pari riduzione del personale, che viene assegnato ad altre Amministrazioni (in primis, Regioni e Comuni) o accompagnato al pensionamento.
Inizialmente la legge prevede un taglio del 50% della pianta organica: comprensibile per le province ordinarie, ma a rischio di esser controproducente per le tre province montane, che si sono viste assegnare una specificità a parte.
Su questo importante tema, che non è solo una questione di principio ma ha anche una valenza sostanziale molto importante, ho avuto modo di incontrare i lavoratori e le rappresentanze sindacali, che mi hanno manifestato le loro preoccupazioni. Sempre con un lavoro concertato col Partito democratico, ho presentato questo emendamento alla legge di stabilità, che è stato approvato dal Parlamento il 22 dicembre:
Comma 421: «La dotazione organica delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario è stabilita, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, in misura pari alla spesa del personale di ruolo alla data di entrata in vigore della legge 7 aprile 2014, n. 56, ridotta rispettivamente, tenuto conto delle funzioni attribuite ai predetti enti dalla medesima legge 7 aprile 2014, n. 56, in misura pari al 30 e al 50 per cento e in misura pari al 30 per cento per le province, con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri, di cui all’articolo 1, comma 3, secondo periodo, della legge 7 aprile 2014, n. 56.»
Questo emendamento, nei fatti, equipara le province montane alle città metropolitane, permettendo così il mantenimento del 70% del personale originario. Anziché dover ricollocare 93 dipendenti, la Provincia di Sondrio avrà ora un anno e mezzo per fare una sintesi delle varie esigenze e provarsi solo di 55 dipendenti, un numero molto più esiguo e (visti anche i pensionamenti in vista e le richieste di mobilità) ampiamente sopportabile.
Nel frattempo, insieme a questo emendamento, l’Aula approva anche un altro mio emendamento che ripristina lo sconto su gasolio e GPL per il riscaldamento nelle zone montane.
Anche su questo punto, dunque, missione doppiamente compiuta!